Come uscire dalla crisi. Dedicato alle piccole imprese.

Quando un’azienda entra nel tunnel della crisi (e mi riferisco, qui, alle piccole e piccolissime imprese: perché per quelle grandi entrano in gioco meccanismi molto diversi) ogni azione sembra destinata ad aggravare la situazione.

I direttori delle banche fino a ieri sorridenti e affabili, diventano scortesi e sbrigativi e alla tua richiesta di una estensione dello scoperto o dell’anticipo fatture rispondono prima con un no e poi con la richiesta di rientro dei fidi, perché la CR (la centrale rischi della Banca d’Italia) segnala un ritardo o una sofferenza.

Se chiedi al tuo fornitore di fiducia di avere un po’ di pazienza, quello che è sembrato sempre un tuo amico ti risponde bruscamente che non è possibile, che è sempre più preoccupato dei tuoi ritardi di pagamento e che da oggi in poi le forniture potranno essere regolate solo in contanti.

I tuoi dipendenti sono sempre più preoccupati e cominciano a guardarsi intorno perché al di là del rapporto che a volte può essere anche di amicizia nessuno di loro si può permettere di lavorare senza essere pagato regolarmente.

La soluzione, quando la situazione è così grave, non è nell’avvitarsi, inutilmente, in una spirale depressiva ma neanche nel trovare altri soldi a debito (che finirebbero per affondare ulteriormente la barca).

Assolutamente vanno evitati come la peste, quand’anche fossero possibili, ulteriori indebitamenti a breve termine, ad altissimi tassi di interesse e con fidejussioni personali. Del resto il meccanismo infernale dei fidi, castelletti SBF, prestiti a breve è in genere alla base del rapido deterioramento della situazione finanziaria.

La crisi, da questo punto di vista, offre, tra le tante cose negative, una opportunità: quella della consapevolezza che questo strumenti a breve e brevissimo termine vanno evitati il più possibile e che, invece, c’è la possibilità di autofinanziare il ciclo mensile dei pagamenti attraverso l’attenta gestione dei tempi di pagamento dei clienti e dei fornitori, la ristrutturazione dei debiti verso le banche e la rateizzazione di quelli verso l’erario ed i fornitori, come vedremo avanti. E che, spesso, proprio la carenza di liquidità a breve spinge le aziende a migliorare la propria capacità di gestione finanziaria, mentre la disponibilità nasconde la polvere sotto il tappeto.

Per uscire dalla crisi è necessario, in generale, essere prudenti ma allo stesso tempo tempestivi perché il tempo non è un fattore che gioca a favore. Bisogna comunicare e negoziare, analizzare le cause, quantificare gli obiettivi, valutare i rischi e pianificare con freddezza e decisione le cose da fare, agire con determinazione, monitorando l’efficacia dei provvedimenti per apportare correttivi e miglioramenti in corso d’opera..

  • COMUNICARE per NEGOZIARE: gestire con diplomazia, efficacia, attenzione la situazione corrente con le banche, l’erario e i fornitori (il mutismo o la fuga sono controproducenti come il mettere la testa sotto la sabbia), affidando i “buoni” rapporti ad un terzo (una persona di fiducia interna all’azienda o uno o più consulenti esterni o meglio ancora  un “team”) che funga da filtro al martellamento costante e assillante dei direttori delle filiali che chiedono rientri e documenti e dei fornitori che vogliono essere pagatI: è questa la prima cosa da fare. La funzione della persona/team filtro è essenziale: perché consente all’imprenditore di continuare a lavorare al riparo dal bombardamento e dal senso d’impotenza,  e perché, paradossalmente, proprio dai debiti con banche, erario e fornitori è, almeno in parte, possibile trovare le risorse finanziarie per affrontare la crisi. Naturalmente le operazioni di ristrutturazione del debito e di rateizzazione a lungo termine sono utili se nel frattempo si operano con lucidità, costanza ed efficacia quelle scelte economiche, di posizionamento sul mercato e di patrimonializzazione descritti nei punti seguenti, essendo assolutamente necessario ricostruire margini positivi;
  • ANALIZZARE LE CAUSE DELLA CRISI: è questo il secondo passo necessario. La crisi può essere determinata da un calo importante del fatturato o, per esempio, da un aumento dell’indebitamento dovuto a investimenti che non si sono dimostrati produttivi. E’ importante analizzare le cause per lavorare a soluzioni efficaci;
  • QUANTIFICARE GLI OBIETTIVI: per farlo è necessario definire esattamente le dimensioni della crisi, con una ricognizione approfondita dei dati economici (dei bilanci degli anni precedenti e del “bilancino” corrente) definendo quali potrebbero essere e che dimensioni dovrebbero avere gli interventi necessari a superare la crisi;
  • VALUTARE IL RISCHIO E PIANIFICARE: non basta l’analisi economica e finanziaria, è necessario considerare il contesto nel suo complesso, i fattori di incertezza, le minacce e le opportunità, i punti di forza e di debolezza per definire il piano industriale di fuoriuscita dalla crisi.  I provvedimenti potranno riguardare  l’aspetto economico e i margini operativi [1], l’organizzazione produttiva, la posizione sul mercato e le politiche di marketing [2], l’aspetto finanziario e patrimoniale [3] ed ogni provvedimento va sottoposto ad una approfondita analisi del rischio.
  • AGIRE, CONTROLLARE, MIGLIORARE: rendere operativo il piano industriale, controllare costantemente l’efficacia dei provvedimenti assunti, definire correttivi e miglioramenti in corso d’opera fino al ristabilirsi delle condizioni obiettivo degli interventi, mantenendo “dopo” i meccanismi virtuosi dell’autofinanziamento a breve e del finanziamento bancario sugli investimenti dei quali è stata preventivamente effettuata una attenta valutazione dei rischi e dell’impatto.

Per fare tutto questo, se non ci sono sufficienti risorse interne, può essere necessario un supporto esterno all’azienda che permetta all’imprenditore, al management e al personale di continuare a fare la parte più difficile dell’opera: continuare a lavorare con serenità e lucidità.

Nei prossimi articoli esamineremo le assi operative proposte e per ognuna sarà possibile avere (gratuitamente) consigli e veri e propri strumenti di elaborazione (in particolare per l’analisi e la pianificazione economico-finanziaria).

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NOTE:

  1. L’intervento dal punto di vista economico, sui costi e sui ricavi e sulla loro differenza o margine operativo, è fondamentale. Partendo dall’analisi delle cause della crisi va verificata la possibilità di una revisione del modello di business (in genere, nelle fasi di crisi, non c’è la possibilità di progetti a lungo termine e ad alto investimenti di allargamento del mercato e bisogna, piuttosto, verificare se è possibile concentrare attenzioni e risorse su linee di prodotti o servizi a più alto valore aggiunto) e di riduzione dei costi che non incidano sulla capacità produttiva o di vendita dell’azienda. 
  2. Può essere necessario adeguare l’organizzazione produttiva alle modifiche necessarie dal punto di vista economico, per aumentare i margini e ridurre i costi o per migliorare il servizio o prodotto offerto. La posizione sul mercato e le politiche di marketing vanno revisionate alla luce di quanto necessario per ristabilire una marginalità (differenza tra ricavi e costi) compatibile con la continuità dell’azienda. Spesso, per esempio, la rincorsa competitiva sul prezzo non fa che peggiorare la situazione mentre possono essere più utili altre leve: quella della qualificazione dei propri prodotti e servizi, dei servizi accessori offerti, dell’informazione su ciò che si offre e della promozione.
  3. L’equilibrio patrimoniale dipende dai margini operativi e dal rapporto tra le fonti proprie (cioè ciò che l’imprenditore ha conferito nell’azienda e gli utili che ha accumulato precedentemente) e le fonti di terzi (i debiti verso banche, fornitori, erario). Ma quando i margini sono negativi e le perdite si mangiano le riserve e i debiti superano il valore dei crediti e dei beni di proprietà della società, la situazione va affrontata con operazioni di ristrutturazione (e anche, quando necessario, di riduzione concordata del debito) e, se e quando possibile e opportuno, di conferimento di proprietà (se denari non ce ne sono, e spesso non ce ne sono in queste situazioni, ci possono essere, per esempio, degli immobili) alla società.