Una premessa sui finanziamenti bancari
Il ricorso al credito bancario viene presentato come l’unica soluzione possibile al problema del finanziamento delle attività imprenditoriali una volta che siano esauriti i mezzi propri (cioè i soldi messi a disposizione dalla proprietà, soci o azionisti che siano). Sembra sia quasi una legge naturale ricorrere al credito bancario a medio e lungo termine per finanziare gli investimenti e al credito bancario a breve termine (prestiti di durata inferiore all’anno, fidi di cassa e crediti autoliquidanti, ovvero anticipi di fatture, ricevute bancarie e altri titoli) per finanziarie il ciclo del flusso di cassa corrente.
Ma in realtà non è vero che sia così “naturale”: anzi il ricorso ai finanziamenti bancari è, nella gran parte dei casi, un fattore moltiplicatore dei guai nei periodi in cui l’azienda incontra ostacoli sul proprio percorso: se i debiti a breve ed in particolare l’autoliquidante sono utilizzati troppo o male (cioè non nei casi di emergenza, ma in maniera continua e al massimo livello) determinano una crescita del costo dell’indebitamento (degli interessi) tale da mettere a repentaglio la redditività aziendale mentre i debiti a lungo termine rischiano di consentire troppo facilmente investimenti dei quali non si è fatta preventivamente una attenta analisi dei rischi.
Il credito bancario va utilizzato, certo, ma con estrema prudenza e attenzione: il credito autoliquidante, i fidi di cassa e i prestiti a breve solo per far fronte a imprevisti di breve o brevissima durata e il credito bancario a medio e lungo termine (mutui) solo dopo aver attentamente valutato l’investimento da realizzare. Va assolutamente evitato di far fronte agli investimenti con debiti a breve e meno che meno con debiti autoliquidanti e quando si valutano i termini di rientro di un investimento (sia come interessi che come tempo) bisogna considerare sempre un ampio margine di imprevisti, per evitare che non producano utili nei tempi previsti o che producano margini inferiori al costo del denaro che si è comprato per realizzarli. In generale, inoltre, bisogna evitare come la peste le fidejussioni personali, che in caso di crisi ingabbiano l’imprenditore e non gli consentono di operare in maniera corretta e indipendente nelle negoziazioni con le banche.
Come finanziarsi da soli
Nella maggior parte dei settori di attività è possibile ridurre o azzerare il ricorso al credito bancario per finanziarie l’avvio e lo sviluppo, ma anche per fronteggiare i momenti di crisi delle aziende.
Il fatto che sia possibile non vuol dire, naturalmente, che sia semplice.
L’autofinanziamento è basato sul concetto di miglioramento: è necessaria una analisi dettagliata della situazione, con la definizione degli obiettivi; la pianificazione delle azioni per raggiungere gli obiettivi individuati, con una attenta analisi d’impatto (cioè l’analisi dei rischi che si corrono, degli eventuali effetti sull’azienda e dei provvedimenti utili a contenere gli effetti negativi del rischio); la realizzazione delle azioni pianificate; il controllo dell’efficacia delle azioni previste attraverso strumenti di monitoraggio e, infine, le correzioni per migliorarne l’efficacia e ri-pianificare obiettivi e processo.
E’ un processo “lento”, che può funzionare anche per far fronte ad una crisi aziendale purché si abbia consapevolezza del tempo necessario e si cominci il più presto possibile, alle prime avvisaglie di crisi (per esempio appena comincia a crescere il rapporto debito/fatturato).
Le variabili che determinano il successo o l’insuccesso sono molteplici, ma la pre-condizione dell’autofinanziamento è che l’azienda abbia un margine operativo positivo, ovvero che i suoi ricavi siano superiori ai costi. Maggiore è la marginalità, maggiore è la possibilità di autofinanziamento. Sembra scontato, ma non lo è: vi sono aziende con sufficienti margini operativi ed una pessima situazione finanziaria e di liquidità, e aziende con margini risicati e con un ottimo equilibrio patrimoniale e finanziario, e questo capita perché troppo spesso fin quando i cordoni della borsa delle banche sono ben aperti appare più semplice, comodo, veloce usare i soldi in prestito, casomai senza andare troppo per il sottile per quel che riguarda gli interessi da pagare e la coerenza tra periodo di indebitamento e tipo di investimento.
Le 5 leve dell’autofinanziamento
La pianificazione del processo di autofinanziamento dovrebbe sempre basarsi sull’analisi dettagliata della situazione economico-finanziaria dell’azienda (ovvero sul rapporto sullo stato del sistema aziendale e sul check up economico-finanziario, vedi articoli precedenti) e sulla definizione degli obiettivi del finanziamento. Sulla base di dettagliate informazioni è possibile scegliere e definire quali leve utilizzare e come realizzare il processo.
Sono cinque le “leve” fondamentali per l’autofinanziamento:
- le condizioni di fornitura, ovvero i tempi di pagamento ai fornitori e i tempi di incasso dai clienti;
- la pianificazione delle uscite fiscali e tributarie, ovvero la possibilità, prevista dalle normative, di rinviare e/o rateizzare il versamenti di imposte, tasse e contributi;
- la ristrutturazione dei debiti finanziari, ovvero la possibilità di chiedere una sospensione temporanea ed un allungamento dei mutui e dei leasing (moratoria)
- I finanziamenti in conto capitale e in conto interessi, ovvero i finanziamenti agevolati pubblici che è possibile reperire dai fondi messi a disposizione dalla UE, dal governo e dalle regioni
- le forme di flessibilità del costo del lavoro (*), ovvero la possibilità di ottenere la cassa integrazione guadagni per i lavoratori temporaneamente in esubero o quella di utilizzare il lavoro interinale, trasformando il costo interno in un costo esterno.
(*) Quest’ultima leva è citata ma di fatto inutilizzabile per le piccolissime imprese.
Per descrivere le modalità di utilizzo delle prime tre leve di autofinanziamento vengono proposti, di seguito, degli esempi, partendo da una situazione tipo, definendo gli obiettivi e descrivendo le operazioni da mettere in campo.
Per quanto riguarda, invece, i finanziamenti agevolati, sia quelli automatici che a progetto, si tratta di forme interessanti di autofinanziamento di cui ci occuperemo in altri articoli. Basti qui sottolineare che la convenienza va sempre assolutamente testata e verificata con un’approfondita analisi dei rischi, prima di avviare le azioni richieste (studi, progetti, investimenti).
Come già detto in premessa la leva della flessibilità del costo del lavoro è utilizzabile solo per aziende con caratteristiche dimensionali e tipologiche tali che permettano l’applicazione della CIG o che possano rendere conveniente l’utilizzo di personale interinale.
In questo articolo ci concentreremo dunque sulle prime tre leve: condizioni di fornitura, pianificazione delle uscite fiscali e tributarie e ristrutturazione del debito e descriveremo con degli esempi la loro possibile applicazione.
Primo esempio: condizioni di fornitura e pianificazione delle uscite fiscali e tributarie
L’obiettivo di una start up è di autofinanziare il ciclo mensile delle spese per gli acquisti esterni (materiali, servizi e fitti) e per il personale, ivi incluse le imposte e le tasse e l’IVA.
Poniamo che ogni mese si debbano spendere 50 mila euro per acquisti esterni oltre IVA (per semplicità diremo che il totale è 60 mila euro), 45 mila euro per il personale (inclusi i contributi e il TFR), per un totale di 105 mila euro, e che si vendano, mensilmente, in media prodotti e servizi per 120 mila euro oltre IVA (pari a 145 mila euro). Si determinerà inoltre la necessità di versare in media 15 mila euro di IVA (differenza tra IVA da incassare sulle vendite e IVA da pagare sulle forniture). In tasca ci rimangono mensilmente 25 mila euro e decidiamo di creare un accantonamento di circa 5 mila euro per le tasse
Come si può vedere nella tabella che segue anche in una situazione apparentemente perfetta con un margine lordo mensile di 25 mila euro nei primi 6 mesi dovremo finanziare l’attività per 190 mila euro nei primi 3 mesi se ipotizziamo un pagamento ai fornitori entro 60 giorni ed un pagamento dei clienti a 90 giorni:
Costi/Ricavi | Importi | Mese 1 | Mese 2 | Mese 3 | Mese 4 | Mese 5 | Mese 6 |
Liquidità iniziale | 0 | 0 | -65.000 | -190.000 | -170.000 | -150.000 | |
Acquisti esterni | -50.000 | -50.000 | -50.000 | -50.000 | -50.000 | ||
IVA a fornitore | -10.000 | -10.000 | -10.000 | -10.000 | -10.000 | ||
Personale stipendi | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | |
Contributi e tasse | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | |
Accantonamento TFR | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | |
Versamenti IVA | -15.000 | -15.000 | -15.000 | -15.000 | -15.000 | -15.000 | |
Accantonamento Imposte | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | |
Ricavi | 120.000 | 120.000 | 120.000 | 120.000 | |||
IVA | 25.000 | 25.000 | 25.000 | 25.000 | |||
Liquidità finale | 20.000 | 0 | -65.000 | -190.000 | -170.000 | -150.000 | -130.000 |
Cambia completamente la situazione se i fornitori vengono pagati a 90 giorni e i clienti pagano a 60 e se rinviamo di qualche mese i versamenti IVA, e le tasse e i contributi del personale (rinvio che è possibile: anzi è possibile anche rateizzare l’importo a debito, ottenendo un finanziamento a rate ad ottimo tasso d’interesse dallo Stato; nel prospetto, però, è previsto il rimborso degli arretrati dopo 3 mesi):
Costi/Ricavi | Importi | Mese 1 | Mese 2 | Mese 3 | Mese 4 | Mese 5 | Mese 6 |
Liquidità iniziale | 0 | 0 | -20.000 | 105.000 | 125.000 | 105.000 | |
Acquisti esterni | -50.000 | -50.000 | -50.000 | -50.000 | |||
IVA a fornitore | -10.000 | -10.000 | -10.000 | -10.000 | |||
Personale stipendi | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | |
Contributi e tasse | -20.000 | -20.000 | -20.000 | -20.000 | |||
Contributi e tasse arretrate | -20.000 | -20.000 | |||||
TFR | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | |||
Versamenti IVA | -15.000 | -15.000 | -15.000 | -15.000 | |||
versamenti IVA arretrati | -15.000 | -15.000 | |||||
Accantonamento Imposte | -5.000 | -5.000 | -5.000 | -5.000 | |||
Acc.to imposte arretrate | -5.000 | -5.000 | |||||
Ricavi | 120.000 | 120.000 | 120.000 | 120.000 | 120.000 | ||
IVA | 25.000 | 25.000 | 25.000 | 25.000 | 25.000 | ||
Liquidità finale | 20.000 | 0 | -20.000 | 105.000 | 125.000 | 105.000 | 85.000 |
Utilizzando la leva dei rapporti di fornitura e la leva della pianificazione delle uscite fiscali e tributarie la necessità di finanziamento è diminuita da 190 mila euro a solo 20 mila euro, in sostanza all’importo necessario a pagare il primo mese di stipendio dei dipendenti.
Il beneficio di liquidità è ottenibile anche nel caso di una società già attiva da anni che utilizza in maniera continua e al massimo il fido di cassa e gli anticipi di fatture o ricevute bancarie. Se riusciamo a pagare i fornitori dopo esser stati pagati dai clienti e gestiamo i versamenti IVA, Irpef, INPS in maniera da ottenere le rateizzazioni previste dalla normativa possiamo liberarci dalla condanna della presentazione a raffica delle fatture per coprire le nostre esigenze di cassa. Val la pena ribadire che questo metodo funziona se il margine dell’attività (ricavi-costi) è positivo: se non lo è necessario prima intervenire con una riduzione dei costi (prima degli interessi) o con una revisione del modello di business affinché sia stabilita o ristabilita la “marginalità”.
Secondo esempio: ristrutturazione dei debiti finanziari
L’obiettivo di una società in fase di maturità, con mutui ipotecari (a 10 anni), chirografari (a 5 anni) e leasing per un valore originario di 2,5 milioni di euro, un valore residuo di .ca 1,4 milioni di euro e un esborso mensile per restituzione capitale e interessi di 40 mila euro mensili è di:
- ridurre le rate mensili ad un totale max di 25 mila euro, per renderle compatibili con la propria capacità di liquidità,
- recuperare un importo di circa 300 mila euro, per finanziare la ripresa dell’attività.
L’operazione di sospensione temporanea delle rate e di allungamento dei mutui e dei leasing va richiesta in tempo utile, quando i rapporti con le banche e le società di leasing sono “in bonis”, ma vi sono segnali di crisi (in pratica appena aumenta in maniera significativa il rapporto tra debiti complessivi e fatturato). Essa può essere richiesta in forza dell’accordo per il credito 2015 prorogato per il 2018 o anche direttamente, negoziando a prescindere dalla vigenza dell’accordo per il credito e dimostrando che si tratta di una impresa in ripresa, in sviluppo o di una impresa con crediti verso la Pubblica Amministrazione.
Nell’esempio chiederemo la sospensione per 12 mesi del mutuo ipotecario e di 6 mesi di chirografari e leasing, con un recupero di liquidità di 300 mila euro ed un allungamento del rimborso del residuo del mutuo con il raddoppio delle rate residue (fino al massimo del numero delle rate originarie):
Originario | n. rate totali | Rata | n. rate pagate | Residuo | Rate da sospendere | Importo recuperato | N. nuove rate | Importo nuove rate | |
mutuo ipotecario | 1.000.000 | 120 | 10.000 | 68 | 320.000 | 12 | 120.000 | 104 | 3.692 |
mutuo chirog. 1 | 300.000 | 60 | 6.000 | 23 | 162.000 | 6 | 36.000 | 60 | 3.240 |
mutuo chirog. 2 | 700.000 | 60 | 14.000 | 9 | 574.000 | 6 | 84.000 | 60 | 11.480 |
leasing 1 | 150.000 | 60 | 3.000 | 11 | 117.000 | 6 | 18.000 | 60 | 2.340 |
leasing 2 | 200.000 | 60 | 4.000 | 24 | 104.000 | 6 | 24.000 | 60 | 2.080 |
leasing 3 | 150.000 | 60 | 3.000 | 24 | 78.000 | 6 | 18.000 | 60 | 1.560 |
totale | 2.500.000 | 40.000 | 1.355.000 | 300.000 | 24.392 |
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